Viviamo momenti di grande cruccio per lo stillicidio di notizie riguardanti il flusso inarrestabile di migranti; gente che fugge dalla guerra o che è solo in cerca di lavoro, di migliori condizioni di vita. Da che mondo è mondo, la storia dell’uomo è storia di migrazioni; di esodo biblico vi è narrazione anche nelle Sacre Scritture, ma quella è narrazione apologetica a favore di una cultura religiosa e forse leggendone i testi non si riesce compiutamente a pensare alla tragedia umana che sottende ogni singolo caso di sradicamento dalle proprie terre d’origine. Forse sono occasione di maggiore emozione le migrazioni dei ticinesi tra l’ottocento e il novecento, di cui vi è una copiosa bibliografia; quanti dei nostri avi hanno dovuto prendere la via dei mari e quanti sono partiti per le città europee adattandosi, i più, a compiere i lavori fra i più umili. Per chi è nato nel periodo bellico o postbellico, è sicuramente vivo il ricordo delle fughe dalle strette della “cortina di ferro”, dopo l’insurrezione ungherese, e ancora qualche anno più tardi per le vicende della “primavera di Praga”. Si ha altresì memoria della pacifica immigrazione verso le nostre terre, dal sud d’Italia negli anni sessanta, quelli del boom economico. Ancor più prossimo al nostro quotidiano, c’è il ricordo degli arrivi dai paesi dell’est europeo a causa di conflitti apparentemente a sfondo religioso. Come poi dimenticare gli accadimenti postbellici che videro la Germania dell’est separata dal mondo libero, su pressione della Russia comunista che voleva impedire l’esodo della popolazione verso ovest, e finalmente l’abbattimento del “muro di Berlino” a furore di popolo.
Con queste premesse, torna facile interrogarsi sulle grandi migrazioni della storia globale e così pensare alle nostre origini; chi e in quali epoche storiche abbia popolato le nostre terre.
Sicuramente nelle biblioteche e negli archivi è reperibile ben altro materiale, ma per il comune lettore è da citare la pregevole opera dell’ing. Oscar Camponovo, “Sulle strade regine del Mendrisiotto, cronache e documenti del baliaggio di Mendrisio e della pieve di Balerna”, pubblicato nel 1976 da Casagrande di Bellinzona. A prima lettura, invero vi è di che stupirsi per il tono assunto nell’introduzione del capitolo riguardante le migrazioni che hanno toccato in particolare la Lombardia (un risentimento dichiaratamente mirato nei confronti del responsabile di un quotidiano ticinese, forse per certe derive contrastanti con lo spirito di neutralità svizzera, vissute nei tempi del regime autoritario che imperava alle nostre frontiere?)
Cosi scriveva il Camponovo sull’argomento delle migrazioni:
(…) per chi ha percorso da un capo all’altro l’Italia, appare chiaro che è assurdo parlare di una razza italiana. E, sebbene meno appariscente, è pure impropria un’altra opinione corrente: quella di considerare i Lombardi come una unità etnica”
“ (…) immaginando un triangolo con vertice Milano, con la base lungo il versante meridionale delle alpi, dall’Ossola alla Valtellina, abbiamo con approssimazione circoscritto quel territorio dal quale provennero, come ultima tappa, la quasi totalità delle famiglie ticinesi che chiamiamo dal punto di vista etnico – ma non molto propriamente – di stirpe lombarda. Se tuttavia ci chiediamo quale sia l’origine di questi Lombardi, o dei Lombardi in genere, allora la risposta non può essere altrettanto semplice né facile.”.
Eccone le sue ragioni:
“ (…) Secondo un’opinione generalmente diffusa tra gli storiografi, sebbene da taluni recentemente contestata, e tralasciando i primi esploratori venuti in epoche preistoriche, la più antica delle genti europee fu verosimilmente la caucasica, chiamata anche “alpina”, che sarebbe oriunda dell’Asia minore e qui giunta attraversando l’Europa sud-orientale. Più tardi –siamo già prossimi all’età del bronzo, intorno al 2000 a.C.- sopraggiunsero , verosimilmente dal Mediterraneo orientale, ma forse anche dall’Africa del nord, quelli che furono chiamati Mediterranei, ma più comunemente Liguri, ciò che tuttavia non deve indurre in errore e far credere che il loro appellativo derivi dalla Liguria. Esatto è il contrario ……”
“ (…) Notevole fu anche da noi l’influenza dei Liguri, ed è ad essi, tra l’altro, che dobbiamo parte dei nomi dei nostri fiumi e dei nostri monti, onde si comprende come quei toponimi siano generalmente indecifrabili (…) ”
“ (…) Si è ritenuto che dopo i Liguri giunsero gli etruschi ma ciò è poco verosimile (…) è forse più opportuno parlare d’influssi culturali e commerciali etruschi, anziché di una vera penetrazione di popoli etruschi nelle nostre terre.”
“ (…) Seguì un’invasione di genti guerriere, originarie del nord-ovest dell’Europa, appartenenti alla grande stirpe celtica. La loro discesa al sud delle Alpi si può fissare con una certa approssimazione intorno al 400 a.C. (…) Oltre un secolo più tardi seguì una seconda emigrazione di popoli, tra cui i Belgi, anch’essi appartenenti alla famiglia celtica e provenienti pure da quel grande serbatoio di popoli invasori che fu sempre la Germania settentrionale. (…) Quei nuovi arrivati che, come i precedenti si spinsero anche al Sud delle Alpi portavano il comune soprannome di “Galati” dal quale i Romani derivarono il nome di Galli, attribuendolo a tutti i celti (…) mentre chiamarono Gallie le terre da essi occupate. Onde Gallia Cisalpina, il vasto territorio a nord del Po`, dal Piemonte all’Adriatico, occupato da quattro tribù galliche. Il nome di queste fu poi dato alle rispettive zone: Insubria, una di queste, e il suo centro principale Mediolanum”.
“ (…) eccoci, dopo un altro balzo di pochi secoli, al periodo della dominazione romana. Minimo appare, tuttavia, il contributo di popolazioni latine, nel senso etnico della parola. Ricorda la storia che i Romani, per dare nuovo impulso a Como inviarono colà, ed a parecchie riprese, forti nuclei di coloni: l’ultima volta per opera di Giulio Cesare, nel 59 a.C. (….) gente proveniente da paesi conquistati, di origine diversa. Così, secondo Strabone, una parte erano Greci, non dalla Grecia primitiva ma dalla Magna Grecia, vale a dire dalla Sicilia e dalla Calabria”.
“ (…) Qualche secolo più tardi, col decadere dell’Impero romano, seguirono le invasioni barbariche. (…) Fu solo attorno al 570 d.C. che, avvenne una ‘invasione la cui importanza storica fu eccezionale ed alla quale risale il nome di “Lombardi”. (…) scese in queste terre ed anche ancora più giù a meridione, penetrando dal limite nord-orientale dell’attuale Italia, un popolo primitivo di guerrieri, pure nordici, originari della foce dell’Elba: i Langobardi”.
“ (…) Aggiungendo, infine a tutte le precedenti stirpi, anzitutto quelle di taluni alleati o mercenari dei Langobardi: Sassoni, Bulgari e poi i Franchi e gli Alamanni (…) e infine anche gli Ungari, avremo elencato i principali popoli qui giunti o stazionati. Se ci immaginiamo ora, fusi in un’unica agglomerazione, tutte quelle diverse stirpi, avremo un’idea di come sia formato quel popolo che chiamiamo lombardo.
Tutto ciò considerato si deve convenire che mal si comprende come assai sovente si parli dell’attuale gente lombarda, quale d’una razza pura od almeno omogenea nel senso etnico e per di più di stirpe latina. (…) Già i diversi popoli più sopra elencati -celti compresi- non erano costituiti da razze pure, cioè da razze “antropologiche “ ma solo da “razze storiche “ (…) Celti erano quindi quei popoli che parlavano la lingua celtica o, meglio, uno dei dialetti celtici (…) Gli antichi del resto conoscevano solo la distinzione di razze secondo il criterio linguistico, mentre ignoravano quello moderno di razze etniche, criterio che fu sovente in tempi recenti e purtroppo, causa di gravi dissidi, basati in realtà su false e puramente teoriche premesse.”
“ (…) Riassumendo sembra giustificato ammettere che i principali strati razziali dai quali è derivata la nostra attuale popolazione “lombarda” siano:
1. I Caucasici o Alpini (provenienza probabile: Asia Minore)
2. I Liguri (prov. Mediterraneo)
3. I Gallo-celti (prov. Europa nord-occidentale)
4. I “coloni” romani (provenienza ignota)
5. I Langobardi (provenienza Europa settentrionale)
6. Non vanno dimenticati i Goti e i Franchi.”
Per suo dichiarato compromesso ideologico (opera citata, pag. 94), l’autore finiva affermando:
“ Forse si può trovare un compromesso e cioè chiamare non razza italiana e razza lombarda, poiché razza implica sempre un’unità etnica, ma stirpe italica e stirpe lombarda, quest’ultima con maggior ragione poiché più omogenea” .
Tante conoscenze sono servite a far emergere un mio vissuto mai cancellato dalla memoria Sono di quella generazione che ha sentito i conversari preoccupati degli adulti, nei tempi in cui la guerra lambiva le nostre frontiere; io ascoltavo con tanta trepidazione, pur senza capire il senso di quelle enfatizzazioni sulla razza che si riverberavano su di noi dall’Italia del fascismo. Si vagheggiava allora dell’esistenza di una vera razza italiana, per la conservazione della quale erano state poste in vigore delle severe disposizioni di legge.
Leggo oggi in internet che, per giustificare l’istituzione delle leggi razziali in Italia si dovette avvalorare la tesi dell’esistenza di una razza italiana e della sua appartenenza ad un immaginario gruppo delle cosiddette razze ariane.
Oggi si potrebbe anche ridere di quella retorica pomposa e del tutto spropositata, se non fosse per il ricordo dello sterminio di milioni di persone da ascrivere alla questione razziale. Sarà ovvio, ma correttezza impone di ricordare che la responsabilità di quei tragici eventi sia da mettere in conto principalmente al nazionalsocialismo tedesco, senza tuttavia dimenticare che anche la sola condivisione di certi principi, e non mancarono anche da noi quelli che si lasciarono influenzare, non salva dall’assunzione di responsabilità almeno sul piano morale.
Fosse solo questione di forma espressiva, sarebbe facile scansare l’ostacolo, della scelta tra razze, etnie o stirpi, identificando il popolo ticinese come italofono, essendo fuor di dubbio che siamo parte di una popolazione con omogeneità di lingua, cultura, tradizioni e memoria storica, soprattutto se si guarda al comprensorio territoriale lombardo.
Ma un certo puntiglio impone un’ultima considerazione: per i tanti rimescolamenti di popoli, non c’è razza italiana e per di più ariana, tuttavia possiamo dirci di stirpe italica o lombarda, come suggeriva il Camponovo indulgendo al compromesso. Mi sia consentito aggiungere che, al tempo stesso, possiamo anche dirci orgogliosamente ticinesi e svizzeri, per diritto di cittadinanza acquisito nel 1803 dai nostri avi, chiunque si trovasse a far vita grama su queste terre.
Claudio Ceppi, Morbio Inferiore
Ps.
Per necessità di conoscenza, l’appassionato potrà trovare stimoli e magari un po’ perdersi nell’approfondire il senso etimologico dei termini: razza, stirpe, etnia.
Secondo Zingarelli, il mio vecchio e caro vocabolario:
di razza si dice: “ (…) della suddivisione degli abitanti della terra secondo determinati caratteri fisici, tipici di ogni gruppo, razza bianca, nera, gialla (…)”.
Di etnia si dice: “aggregato sociale che si caratterizza per comunanza di cultura e lingua, da cui etnologia: scienza che studia le culture e le civiltà dei vari popoli, estinti e viventi tra loro, sfruttando i dati dell’etnografia per stabilire l’evoluzione, il diffondersi e l’affermarsi delle culture umane.”
Di stirpe si dice: “ceppo, radice; complesso di persone che formano la discendenza diretta del defunto (…); discendenza, generazione, progenie “
Secondo Wikipedia, l’enciclopedia online culturalmente libera, addirittura il discorso sulle razze sembra tranciato alla radice e vede in parte sconfessato anche il nostro stimato Oscar Camponovo.
Così sinteticamente: “Fallacia del concetto di razza. La suddivisione della specie umana è a-scientifica e arbitraria, come ricorda, tra i tanti, il documento UNESCO, scritto apposta dopo la seconda guerra mondiale, che riconosce soltanto il concetto di gruppo etnico come unico segmento della specie umana in cui sia riscontrabile una vera omogeneità tra individui 2. Il concetto stesso di razza come suddivisione rigida dei popoli umani è quindi completamente decaduto. Le moderne ricerche di genetica hanno mostrato che, con le differenze genetiche tra i popoli, non si possono distingue razze in modo definito, ma che tutti i popoli umani mostrano caratteristiche genetiche che variano in maniera continua e progressiva. (…) l’idea di razza, anche quella di razza ariana non ha alcun significato in termini genetici, né a maggior ragione ha senso cercare di identificare “razze” attraverso criteri linguistici.
2 The Race Question, (pag. 6)
Certamente in questa voluminosa opera non mancano le opinioni contrarie. È così che viene stimolata la volontà di studiare, di approfondire anche se talvolta c’è davvero di che perdersi.